Che cos’è il Business Model Canvas?
Il Business Model Canvas è un modello visivo che sintetizza su un’unica pagina gli elementi chiave di un modello di businessen.wikipedia.org. È stato sviluppato nei primi anni 2010 dagli studiosi svizzeri Alexander Osterwalder e Yves Pigneureconstor.eu come parte di una metodologia per progettare modelli di business in modo semplice, rapido e intuitivo. In pratica, il Canvas serve a documentare e comunicare come un’azienda crea, distribuisce e cattura valore attraverso nove componenti fondamentaliwestcliff.edu.
Un modello di business descrive la logica con cui un’organizzazione crea valore per i clienti, lo distribuisce e ne trae profitto (Osterwalder, 2004)westcliff.edu. Il Business Model Canvas traduce questa logica in un formato grafico: un quadro composto da nove blocchi che rappresentano le aree cruciali dell’attività di impresa (clienti, offerta, infrastruttura e finanze)econstor.eueconstor.eu. Grazie a questo schema, anche concetti complessi diventano immediatamente visibili e comprensibili da tutti in azienda. Osterwalder e Pigneur hanno introdotto il Canvas proprio per rendere la pianificazione strategica meno burocratica e più collaborativa, facilitando un linguaggio comune sul modello di business all’interno del teameconstor.eueconstor.eu.
In altre parole, il BMC è una sorta di mappa del tuo business su una pagina. Ciascun blocco del Canvas contiene ipotesi e informazioni chiave sul tuo business (dai segmenti di clientela ai flussi di ricavi), permettendoti di vedere l’intero “quadro” aziendale a colpo d’occhiosteveblank.com. Questa visione d’insieme aiuta a mantenere il focus sulla “big picture” senza perdersi nei dettagli operativi quotidiani. Non a caso, Steve Blank – imprenditore e autore del metodo Lean Startup – sostiene che il Business Model Canvas consente alle startup di visualizzare tutte le componenti necessarie per trasformare i bisogni dei clienti in un’attività profittevolesteveblank.com. Proprio per questo il Canvas è diventato uno dei pilastri dell’approccio snello all’avvio d’impresa: spesso si preferisce abbozzare un Business Model Canvas piuttosto che redigere un lungo business plan tradizionale nelle prime fasi di un progetto innovativo (Blank, 2013).
Importante sottolineare che il Business Model Canvas non è un business plan: il Canvas offre un formato sintetico e visuale per concepire e testare rapidamente un modello di business, mentre il business plan è un documento testuale dettagliato. I due strumenti possono essere complementari. Ad esempio, il Canvas può essere usato all’inizio per chiarire le idee e ipotesi di business, diventando poi la base su cui sviluppare un business plan più esteso e approfonditothepowermba.comthepowermba.com. In contesti di forte incertezza (come le startup) il Canvas è particolarmente utile perché consente di modificare e adattare facilmente i componenti del modello di business man mano che si imparano nuove informazioni dal mercato (approccio iterativo). Infatti, è pratica comune disegnare il Canvas su una lavagna o su un grande foglio e usare Post-it per inserire le varie voci: in questo modo tutto il team può collaborare aggiungendo/modificando i post-it e spostarli rapidamente se cambiano le ideeeconstor.eueconstor.eu. Questo processo interattivo incoraggia il confronto collegiale e rende il Business Model Canvas un metodo “agile” per sviluppare il modello di business in modo incrementale.
In sintesi, il Business Model Canvas è uno strumento versatile e potentissimo per PMI e professionisti: consente di visualizzare l’intero modello di business su un’unica pagina, facilitando la comprensione condivisa, la comunicazione con stakeholder e il brainstorming di nuove idee imprenditoriali. Nel prossimo paragrafo vedremo com’è strutturato il Canvas nei suoi nove elementi fondamentali, per poi imparare a compilarlo passo dopo passo.
La struttura del Business Model Canvas: i 9 blocchi fondamentali
Il Business Model Canvas si compone di 9 blocchi (o elementi costitutivi), ognuno dei quali rappresenta un aspetto chiave del modello di businessbeople.it. Questi blocchi sono strettamente interconnessi tra loro: il Canvas infatti va letto in modo olistico, come un sistema in cui cambiamenti in un elemento possono influenzare gli altri. Ecco i nove blocchi del BMC secondo la definizione originaria di Osterwalder e Pigneur (2010)westcliff.edu, con una descrizione dettagliata di ciascuno:
1. Segmenti di clientela (Customer Segments)
I segmenti di clientela sono i gruppi di persone, organizzazioni o entità per cui la tua azienda crea valore e che costituiscono i tuoi clienti principalidanea.it. In questo blocco si definiscono le categorie di clienti che l’azienda intende servire. Un segmento può essere individuato in base a criteri demografici (es. età, genere, reddito), geografici, comportamentali (es. abitudini d’acquisto) o per bisogno/esigenza (es. clientela attenta al prezzo vs. clientela che cerca qualità premium).
Questo blocco risponde essenzialmente alla domanda: per chi stiamo creando valore? Identificare con chiarezza i propri segmenti di clientela è fondamentale perché ogni altra scelta di business (dalla progettazione dell’offerta al canale di vendita) dipende dai clienti che si vogliono raggiungere. Un’azienda può avere uno o più segmenti di clientela. Ad esempio, una PMI potrebbe servire sia clienti privati sia altre imprese (B2C e B2B) con offerte differenti; oppure una startup digitale potrebbe distinguere tra utenti gratuiti e clienti paganti. È importante anche decidere quali segmenti NON servire, concentrando le risorse sui clienti di maggior valore.
Esempio: per un food truck i segmenti di clientela potrebbero essere (1) impiegati che pranzano in zona, (2) passanti e turisti durante eventi locali; per una consulente freelance in marketing i segmenti potrebbero essere (1) piccole imprese nel settore X bisognose di supporto marketing, (2) startup tecnologiche in fase iniziale. Ogni segmento avrà specifiche necessità da considerare.
2. Proposta di valore (Value Proposition)
La proposta di valore definisce l’insieme di prodotti e servizi che creano valore per ciascun segmento di clienteladanea.it. In pratica, è il motivo per cui i clienti scelgono la tua azienda rispetto ad altre: quali problemi risolvi? Quali bisogni soddisfi? Quali benefici offri e cosa ti differenzia dai concorrenti? La Value Proposition rappresenta il cuore del modello di business ed è strettamente legata ai segmenti di clientela: ogni segmento può avere una proposta di valore dedicata, su misura per le sue esigenze.
Una proposta di valore efficace può basarsi su vari elementi: novità (un prodotto/servizio completamente nuovo o innovativo), prestazioni superiori (offri maggiore qualità, velocità, durata, ecc.), personalizzazione (soluzione su misura del cliente), prezzo più basso, comodità/uso facile, brand/status, design, riduzione dei costi o dei rischi per il cliente, accessibilità (es. un servizio reso accessibile a un segmento prima non servito) o convenienza (es. maggiore disponibilità o usabilità)danea.it. Spesso la proposta di valore è un mix di questi fattori.
Esempio: la proposta di valore di un food truck gourmet potrebbe essere “cibo di strada di alta qualità, preparato al momento, a prezzi accessibili e comodo da acquistare in città”; mentre per una startup SaaS di gestione progetti potrebbe essere “piattaforma semplice e collaborativa per organizzare il lavoro in team, che aumenta la produttività e riduce i tempi morti”. In ogni caso, la proposta di valore deve rispondere alla domanda: che problema del cliente risolviamo o quale beneficio unico offriamo?
3. Canali (Channels)
Il blocco dei canali descrive come l’azienda comunica e raggiunge i propri segmenti di clientela per consegnare loro la proposta di valoredanea.it. I canali comprendono tutte le modalità attraverso cui l’azienda contatta i clienti, distribuisce il prodotto/servizio e fornisce supporto post-vendita. Possono includere canali di comunicazione (pubblicità, social media, email marketing, PR), canali di distribuzione/vendita (punti vendita fisici, ecommerce online, forza vendita diretta, app mobile, marketplace di terzi, ecc.) e canali di supporto (assistenza clienti telefonica, chat online, FAQ, community user, ecc.).
Quando compili questo blocco, dovresti pensare al percorso del cliente: come i clienti vengono a conoscenza della tua offerta, come possono acquistarla e come ricevono il valore. I canali possono essere di proprietà dell’azienda (es. negozio o sito web propri) oppure partner/indiretti (es. distributori, rivenditori, piattaforme di terzi). Una scelta giusta dei canali è cruciale per assicurare che la proposta di valore arrivi efficacemente al cliente giusto. Bisogna anche trovare un equilibrio tra canali diversi: ad esempio un prodotto software potrebbe vendersi sia tramite il proprio sito (canale diretto) sia via partner rivenditori o app store (canali indiretti). Inoltre, i canali influenzano l’esperienza del cliente; ad esempio, vendere direttamente online offre margini maggiori ma potrebbe richiedere più sforzi di marketing, mentre un canale retail offre accesso a clienti esistenti ma con costi e perdita di controllo sull’esperienza.
Esempio: i canali di un food truck includeranno la posizione fisica del truck (distribuzione diretta), i social media per comunicare dove si trova ogni giorno e promuovere il menu (comunicazione), e magari servizi di delivery partner per consegna a domicilio. Per una consulente freelance, i canali possono essere il proprio sito web/blog, LinkedIn e il networking (per farsi conoscere), e poi meeting di consulenza via Zoom o di persona (erogazione del servizio).
4. Relazioni con i clienti (Customer Relationships)
Questo blocco definisce il tipo di relazione che l’azienda instaura con ciascun segmento di clienteladanea.it. In altre parole, come interagisci con i tuoi clienti durante tutto il ciclo di vita (dalla scoperta, all’acquisto, all’assistenza post-vendita). Le relazioni possono variare dal supporto personale dedicato (es. un account manager per ciascun cliente chiave) a modelli self-service (il cliente opera in autonomia tramite portali online), da comunità di utenti (dove i clienti aiutano anche altri clienti, tipico di prodotti software) a relazioni automatizzate (es. tramite chatbot o newsletter automatiche).
Le relazioni con i clienti sono spesso classificate per finalità: acquisizione di nuovi clienti, fidelizzazione dei clienti esistenti, e upselling (stimolare maggior utilizzo o acquisti aggiuntivi da parte dei clienti esistenti). Ogni segmento di clientela potrebbe richiedere un approccio relazionale diverso. Ad esempio, una banca può offrire consulenti personali ai clienti corporate (relazione personale) ma utilizzare un call center standard per i clienti retail di massa (relazione più automatizzata). È importante che il tipo di relazione scelto sia coerente con il segmento e con la proposta di valore: clienti premium si aspettano magari un contatto più dedicato, mentre clienti a basso budget potrebbero preferire soluzioni self-service economiche.
Dal punto di vista del business, costruire relazioni solide può migliorare la soddisfazione e la retention dei clienti. D’altro canto, mantenere certe relazioni ha dei costi: ad esempio l’assistenza personale 24/7 è costosa rispetto a un helpdesk automatizzato. Nel Canvas occorre quindi indicare per ogni segmento che tipo di relazione verrà attuata e con quali mezzi (personale umano, strumenti digitali, eventi, community, etc.).
Esempio: un food truck probabilmente ha una relazione abbastanza informale e personale con i clienti – il venditore che conosce i clienti abituali, li serve con cordialità e magari li aggiorna sulle novità (relazione personale diretta). Una startup SaaS invece potrebbe avere un mix: per i clienti piccoli una relazione self-service (piattaforma facile da usare, tutorial online, supporto via ticket), mentre per i clienti aziendali più grandi una relazione di account management (supporto dedicato, training on-site, etc.). Una consulente freelance avrà relazioni molto personali con ogni cliente, spesso one-to-one, costruite sulla fiducia e la comunicazione continua (es. chiamate regolari per aggiornamenti).
5. Flussi di ricavi (Revenue Streams)
I flussi di ricavi rappresentano le fonti di entrate che l’azienda genera da ciascun segmento di clientelabauer.uh.edu. In parole povere, qui si descrive come e per cosa i clienti pagano. Ogni segmento di clientela può comportare diversi flussi di ricavo, e ogni flusso può avere un meccanismo di pricing diverso.
Alcuni esempi di possibili flussi di ricavi: vendita di beni (pagamento una tantum per l’acquisto di un prodotto), tariffe di utilizzo (il cliente paga in base a quanto utilizza un servizio, es. pay-per-use), abbonamenti (entrate ricorrenti, es. mensili o annuali, per accesso continuativo a un servizio), noleggio/affitto/leasing (il cliente paga per usare qualcosa per un periodo definito), licenze (diritto di usare una proprietà intellettuale, ad es. software su licenza), commissioni di intermediazione (l’azienda prende una percentuale facilitando una transazione tra terzi, ad es. piattaforme marketplace), pubblicità (ricavi derivanti dalla vendita di spazi pubblicitari a terzi sul proprio servizio), ecc.
È utile distinguere ricavi transazionali (una tantum per singola vendita) vs ricavi ricorrenti (flusso continuativo, che offre più prevedibilità). Inoltre, il Canvas può includere indicazioni sul modello di prezzo: prezzo fisso, variabile, dinamico (aste, yield management), freemium (base gratis + premium a pagamento), ecc. L’importante è chiarire di cosa i clienti sono disposti a pagare e come pagano. Questo blocco risponde alla domanda: come monetizziamo la nostra proposta di valore?
Esempio: per un food truck i flussi di ricavi sono semplici: vendita diretta di cibo e bevande, quindi transazioni una tantum per ogni acquisto (potrebbe esserci anche un piccolo flusso da catering/eventi privati se offre questo servizio). Una startup SaaS invece potrebbe avere un modello freemium con un flusso di ricavi da abbonamenti premium mensili pagati da una parte degli utenti. Una consulente freelance avrà ricavi sotto forma di parcelle per i progetti o tariffe orarie/giornaliere di consulenza. In tutti i casi, bisogna considerare se i ricavi coprono i costi e assicurano sostenibilità finanziaria al modello.
6. Risorse chiave (Key Resources)
Le risorse chiave sono gli asset essenziali necessari perché il modello di business funzionibauer.uh.edu. In questo blocco si elencano i beni tangibili e intangibili, le risorse umane e finanziarie cruciali per creare e offrire la proposta di valore, raggiungere i mercati, mantenere le relazioni coi clienti e generare ricavi.
Le risorse chiave possono essere di varie nature: fisiche (impianti, macchinari, punti vendita, veicoli, materie prime), intellettuali (marchi, brevetti, copyright, database, software proprietario, know-how), umane (il team e le competenze del personale – es. sviluppatori, designer, commerciali, ecc. – particolarmente importante in aziende di servizi) e finanziarie (capitale, linee di credito, cash flow, investimenti). A seconda del tipo di business, alcune risorse saranno più importanti di altre. Ad esempio, per un’azienda farmaceutica le risorse intellettuali (brevetti, formule) sono fondamentali; per una società di consulenza le risorse chiave sono le persone e la loro expertise; per una fabbrica sono essenziali gli impianti e la catena di fornitura di materie prime.
Quando definisci le risorse chiave, chiediti: quali asset non possono assolutamente mancare affinché la mia proposta di valore sia realizzata e consegnata al cliente? Spesso questo blocco rivela gli elementi di vantaggio competitivo (es. una tecnologia proprietaria unica) oppure le risorse costose da acquisire. Le risorse chiave possono essere possedute dall’azienda o acquisite da partner (vedremo dopo i partner chiave).
Esempio: per un food truck le risorse chiave includono il camion attrezzato (fisica), le ricette o il brand culinario (intellettuale), il cuoco/chef e lo staff (umane) e magari i fornitori di fiducia per gli ingredienti (relazioni chiave). Per una startup software le risorse chiave saranno la piattaforma tecnologica (intellettuale), i server o servizi cloud (fisiche/finanziarie se in cloud pay-per-use), il team di sviluppo e supporto (umane), e il capitale iniziale per finanziare lo sviluppo (finanziaria). Una consulente freelance avrà come risorse chiave principalmente la propria competenza ed esperienza (umana), la reputazione personale e il network di contatti (intellettuale/relazionale), oltre a strumenti come un laptop, software specifici, connessioni (fisiche/digitali).
7. Attività chiave (Key Activities)
Le attività chiave sono le azioni principali che l’azienda deve svolgere affinché il modello di business funzionibauer.uh.edu. In pratica, sono i processi e compiti critici che servono per creare la proposta di valore, raggiungere i mercati, mantenere le relazioni con i clienti e generare ricavi. Questo blocco risponde alla domanda: che cosa dobbiamo fare, concretamente, estremamente bene?.
Le attività chiave dipendono molto dal tipo di business. Ad esempio, per un’azienda manifatturiera l’attività chiave è la produzione (progettare, fabbricare prodotti); per un’azienda di software l’attività chiave è lo sviluppo della piattaforma e delle funzionalità; per una società di consulenza è problem solving e gestione di progetti per i clienti; per un distributore è la gestione della supply chain e logistica. Altre possibili attività chiave possono includere: progettazione (in settori creativi), marketing e vendita, gestione della community (per piattaforme che basano il valore sulla community di utenti), ricerca e sviluppo (in settori ad alta innovazione), gestione di reti o piattaforme (per modelli di business di intermediazione), ecc.
È importante distinguere le attività chiave da attività secondarie o di supporto: nel Canvas vanno evidenziate solo quelle davvero strategiche e distintive. Ad esempio, “gestione contabilità” è un’attività necessaria in quasi tutte le aziende ma raramente è chiave per la proposta di valore (a meno che la tua proposta di valore sia proprio un servizio contabilità). Invece per Airbnb, ad esempio, un’attività chiave è mantenere la piattaforma online affidabile e far crescere la base di host e guest, oltre a assicurare la sicurezza delle transazioni.
Esempio: attività chiave di un food truck includono: preparazione degli alimenti di qualità ogni giorno, approvvigionamento degli ingredienti freschi, spostamento e posizionamento strategico del truck nei luoghi giusti, e marketing locale (social media per informare i clienti). Per la nostra startup SaaS di gestione progetti, le attività chiave saranno: sviluppo e aggiornamento del software, manutenzione dei server/piattaforma, acquisizione utenti (marketing digitale) e customer support per assistere gli utenti. La consulente freelance avrà come attività chiave: analisi delle esigenze del cliente, elaborazione di strategie/soluzioni di marketing, erogazione della consulenza (meeting, presentazioni), e aggiornamento continuo delle proprie conoscenze professionali.
8. Partner chiave (Key Partners)
Il blocco dei partner chiave descrive la rete di fornitori, collaboratori e partner esterni necessari al funzionamento del modello di businessbauer.uh.edu. Nessuna impresa opera in isolamento: questa sezione identifica chi sono gli attori esterni cruciali con cui l’azienda collabora per creare e offrire valore, ottimizzare le operazioni o ridurre i rischi. I partner chiave possono includere fornitori strategici, intermediari, alleanze, joint venture, oppure una rete di imprese complementari.
Ci sono diverse ragioni per instaurare partnership: ottimizzazione ed economie di scala (ad esempio esternalizzare attività non chiave a partner più efficienti), riduzione del rischio o dell’incertezza (partnership per condividere investimenti rischiosi, o allearsi per non rimanere indietro tecnologicamente), acquisizione di risorse o attività particolari che l’azienda non possiede (es. licenziare una tecnologia, usare la rete distributiva di un partner, avere fornitori chiave per componenti). In sostanza, nel Canvas inseriamo quei partner senza i quali il modello di business non potrebbe reggere o sarebbe fortemente indebolito.
Da notare: non tutti i fornitori sono “chiave” – solo quelli strategici. Ad esempio, la ditta che fornisce la cancelleria per l’ufficio non è un partner chiave; invece un fornitore esclusivo di materie prime critiche lo è. Una piattaforma come YouTube ha come partner chiave i content creators e gli advertiser. Un produttore di smartphone ha partner chiave nei fornitori di componenti fondamentali (chip, schermi) e negli operatori telefonici che vendono i telefoni.
Esempio: per il food truck, partner chiave potrebbero essere i fornitori alimentari locali (da cui dipende la qualità e freschezza degli ingredienti), magari un organizzatore di eventi con cui collabora per partecipare a festival street food, o un commercialista che aiuta con la contabilità (attività non core delegata all’esterno). Per la startup SaaS, partner chiave possono includere il provider cloud su cui gira la piattaforma, eventuali società di pagamento online (per processare gli abbonamenti), o partner di integrazione (es. un altro software con API integrate al tuo). Una consulente freelance potrebbe considerare partner chiave una rete di altri freelance complementari (es. un grafico, un sviluppatore web) per poter offrire ai clienti un servizio completo anche oltre le sue competenze; oppure piattaforme come Upwork/LinkedIn che la aiutano a trovare clienti (partnership di canale).
9. Struttura dei costi (Cost Structure)
La struttura dei costi delinea tutti i costi significativi che l’azienda sostiene per operare il modello di businessbauer.uh.edu. In questo blocco si identificano le voci di costo principali legate alle risorse chiave, attività chiave e partnership chiave. L’obiettivo è capire quali sono i costi più rilevanti e la natura dei costi (fissi, variabili, economie di scala, ecc.) associati al modello.
Alcune aziende sono orientate ai costi (cost-driven), puntano cioè il più possibile a minimizzare i costi, avere una struttura snella e prezzi bassi (es. compagnie aeree low-cost, che rinunciano a servizi accessori e sfruttano al massimo economie di scala); altre sono orientate al valore (value-driven), più focalizzate sull’offerta di valore premium che su una stretta minimizzazione dei costi (accettando costi più alti per fornire maggiore qualità/servizio). In ogni caso, è utile distinguere: costi fissi (che non variano al variare del volume di attività, es. affitti, stipendi, ammortamenti macchinari) vs costi variabili (proporzionali al volume, es. costo materie prime per prodotto, commissioni per vendita), ed evidenziare eventuali economie di scala (più produzione = minore costo unitario) o economie di scopo (utilizzare una risorsa per più scopi riducendo il costo unitario).
Nel Canvas non serve dettagliare ogni singolo importo, ma indicare le principali categorie di costo. Tipicamente, costi legati alle risorse umane (stipendi), costi di produzione o acquisto materiali, costi di marketing e distribuzione, costi di struttura (uffici, utenze), costi tecnologici (server, licenze software), ecc., a seconda del business. Collegando questo blocco con i precedenti, dovrebbe emergere se il modello è sostenibile: i flussi di ricavo coprono la struttura di costi? Quali sono i costi più pesanti e sono proporzionati al valore generato?
Esempio: i costi principali di un food truck: acquisto ingredienti e forniture alimentari (variabile, aumenta con le vendite), carburante e manutenzione del truck (fisso/variabile), permessi e occupazione suolo pubblico (fissi), personale (se c’è più di una persona). Per la startup SaaS: stipendi degli sviluppatori e staff (fisso), spese server/cloud (variabile in base agli utenti), costi di acquisizione cliente – marketing online (variabile), supporto clienti, e magari fee di transazioni. Per la consulente freelance: i costi saranno molto contenuti e principalmente fissi a basso livello (abbonamenti software, telefonia, eventuali spese di coworking o viaggi per incontrare clienti) e il suo tempo/lavoro non fatturato. La struttura dei costi aiuta a capire se l’azienda può generare margine: ad esempio un’attività ad alta intensità di capitale avrà costi fissi elevati e dovrà raggiungere una certa scala per essere profittevole.
Abbiamo visto nel dettaglio i 9 blocchi del Business Model Canvas. Questa struttura fornisce una vista d’insieme del modello di business. Tutti e nove gli elementi sono interconnessi: ad esempio, un cambiamento nella proposta di valore può richiedere risorse chiave diverse o modificare i costi; servire un nuovo segmento di clientela implica forse nuovi canali e relazioni, e così via. Per questo, quando compili il Canvas, è importante assicurare coerenza interna: ogni blocco deve avere senso in relazione agli altri. Un Canvas ben fatto “racconta una storia” chiara di come l’azienda intende funzionare.
Nel prossimo sezione, vedremo come compilare praticamente il Business Model Canvas, passo dopo passo, seguendo un ordine logico di compilazione dei blocchi.
Come compilare il Business Model Canvas (passo dopo passo)
Vediamo ora una guida pratica alla compilazione del tuo Business Model Canvas. Non esiste un unico modo obbligato per riempire i blocchi, ma è consigliabile seguire un ordine logico che va dal mercato all’infrastruttura, lasciando per ultimo gli aspetti finanziari. In questo modo definisci prima chi servi e cosa offri, e poi come lo realizzi e con quali costi/ricavi.
Prima di iniziare, prepara il materiale: stampa o disegna il Canvas su un grande foglio (o lavagna), e munisciti di post-it e pennarelli. Se hai un team, coinvolgi i membri chiave (es. responsabile marketing, commerciale, operativo, finanziario) in una sessione di brainstorming comunethepowermba.com. Se lavori da solo (freelance o micro-impresa), puoi comunque compilare il Canvas e poi confrontarti con un mentor o collega per feedback. L’importante è essere pronti a porsi domande critiche e a iterare le idee.
Ecco i passi suggeriti per compilare il Business Model Canvas in modo efficacethepowermba.com:
Segmenti di clientela: Inizia definendo chiaramente chi sono i tuoi clienti. Chiediti: per chi sto creando valore? Chi sono i miei utenti o acquirenti principali? Elenca i diversi segmenti di clientela che intendi servire. Sii il più specifico possibile: ad esempio, invece di “tutti”, definisci gruppi omogenei (es. “donne 30-50 appassionate di fitness”, oppure “piccole aziende manifatturiere che necessitano consulenza IT”). Definire i segmenti per primi è fondamentale perché tutto il resto del Canvas dipende da chi vuoi servire. Se sbagli target di clientela, anche la migliore proposta di valore o strategia fallirà. Tip: se hai difficoltà, prova a creare una buyer persona per ogni segmento – un personaggio-tipo con nome, età, bisogni e obiettivi – aiuterà a mantenere il focus sulle esigenze realithepowermba.com.
Proposta di valore: Per ciascun segmento identificato, descrivi quale valore intendi offrire. Quali problemi risolvi per quel segmento? Che beneficio concreto o esperienza gli offri? Perché dovrebbe scegliere te e non un concorrente? Questo passo consiste nel collegare le esigenze del cliente (segmento) con la tua soluzione. Elenca le caratteristiche chiave del tuo prodotto/servizio e traducile in valore per il cliente. Ricorda: la proposta di valore deve essere rilevante (risolve un problema sentito dal cliente) e distintiva (ti differenzia). Se hai più segmenti di clientela, potresti avere proposte di valore leggermente diverse per ognuno – assicurati di mappare ciascuna. Spesso è utile riassumere la proposta di valore in una frase semplice, il cosiddetto elevator pitch.
Canali: Ora pensa a come raggiungerai ciascun segmento di clientela con la tua proposta di valore. Suddividi per fasi:
Canali di comunicazione: come farai conoscere la tua esistenza e offerta ai clienti target? (es. pubblicità online, fiere, passaparola, social media, SEO, ecc.)
Canali di distribuzione/vendita: dove/acquisto – come possono i clienti acquistare o usufruire del tuo prodotto/servizio? (es. negozio fisico, ecommerce, agenti di vendita, app mobile, ecc.)
Canali di consegna e post-vendita: come consegni il valore e fornisci supporto? (es. spedizione a domicilio, download online, assistenza clienti dedicata, onboarding, ecc.)
Per compilare questo blocco, elenca i canali principali per ogni segmento/prodotto. Verifica di coprire l’intero customer journey. Ad esempio: “Il cliente X ci scopre tramite Instagram, visita il nostro sito e acquista sul nostro ecommerce; riceve il prodotto via corriere e ha a disposizione un servizio clienti via chat per assistenza.” Assicurati che i canali scelti siano appropriati per i segmenti (es. se il tuo cliente tipo è un professionista 60enne, forse TikTok non è il canale ideale; se vendi a giovani, forse sì). Suggerimento: Sfrutta canali multipli in sinergia (omnichannel), ma considera i costi di ciascun canale e la coerenza dell’esperienza.
Relazioni con i clienti: Decidi quale tipo di rapporto instaurare con i clienti di ogni segmento. Sarà un rapporto automatico o umano? Personale o self-service? Continuativo o occasionale? Scrivi per ogni segmento se prevedi: supporto personale (e in che forma), community, sistemi self-service, ecc. e con quale intensità. Ad esempio: “Per i clienti business premium avremo un account manager dedicato (relazione personale diretta), mentre per gli utenti individuali standard prevediamo supporto via email e un forum FAQ (self-service + aiuto occasionale)”. Domandati se i clienti si aspettano un certo tipo di servizio. Un alto livello di relazione spesso migliora la fidelizzazione ma comporta più costi; un approccio automatizzato è efficiente ma potrebbe alienare alcuni clienti che richiedono attenzione. Nel Canvas, indica la strategia di relazione che userai per acquisire, fidelizzare e far crescere il valore di ciascun cliente. Pro tip: non dimenticare di pianificare attività di post-vendita e customer care, elementi chiave per generare recensioni positive e passaparola.
Flussi di ricavi: A questo punto, hai chiaro cosa offri e a chi. Ora dettaglia come la tua azienda incasserà denaro da ogni segmento. Elenca per ogni segmento di clientela (o per ogni offerta) i relativi flussi di ricavo. Specifica il modello di ricavo: vendita una tantum? Abbonamento? Fee di utilizzo? Pubblicità? Sponsorizzazioni? Licenze? e così via. Indica anche i prezzi o meccanismi di pricing se già definiti (es. prezzo medio di un prodotto, tariffa oraria, livello di abbonamento Bronze/Silver/Gold). Questo passo richiede di essere realistici: su cosa concretamente i clienti pagheranno? Quanto sono disposti a pagare? Può essere utile giustificare ogni flusso di ricavi in base alla proposta di valore corrispondente (es. “Proposta X risolve problema Y, il cliente paga Z euro al mese per questo servizio che gli fa risparmiare W euro di tempo…”). Se hai dati o ricerche di mercato sui prezzi, meglio ancora. Attenzione: verifica che i flussi di ricavi abbiano coerenza col valore offerto – prezzi troppo alti per il segmento target potrebbero vanificare il modello, così come prezzi troppo bassi rischiano di non coprire i costi.
Risorse chiave: Ora passa al “dietro le quinte” del tuo business. Elenca le risorse essenziali che devi avere per portare avanti le attività e offrire quanto promesso. Chiediti: quali asset dobbiamo assolutamente possedere o avere accesso? Possono essere risorse fisiche (infrastrutture, attrezzature, magazzino), risorse umane (personale chiave, competenze critiche), risorse intellettuali (tecnologie proprietarie, marchi, contenuti, brevetti, database clienti) o risorse finanziarie (capitale, linee di credito, ecc.). Inserisci nel Canvas solo le risorse davvero core. Un buon modo per individuarle è ricollegarle alle attività e alla proposta di valore: per svolgere l’attività X, di quale risorsa ho bisogno? Per offrire il valore Y, quale asset è fondamentale? Ad esempio, se la tua proposta di valore è una piattaforma software facile da usare, la risorsa chiave è la piattaforma software stessa e i programmatori che la creano; se vendi un prodotto fisico innovativo, la risorsa chiave potrebbe essere il brevetto o il design proprietario, e così via. Nota: se alcune risorse chiave non le hai già, annota come prevedi di procurarle (acquisto, affitto, assunzione, partnership).
Attività chiave: Identifica le attività operative principali che devi eccellere nel fare. Riguardano produzione? Progettazione? Vendite e marketing? Assistenza? R&D? Elenca le 3-5 attività più critiche senza cui la tua azienda non potrebbe funzionare. Considera l’intera catena del valore: ad esempio, per consegnare la tua proposta di valore, devi prima svolgere attività A, B, C. Quali sono quelle centrali e distintive? Se hai difficoltà, prova a pensare in termini di cosa non potresti permetterti di fermare anche solo per un giorno perché altrimenti il business ne risentirebbe enormemente – probabilmente quella è un’attività chiave. Ad esempio, per un servizio di news online, l’attività chiave è creare contenuti freschi ogni giorno; per un fabbricante di auto, è l’assemblaggio efficiente; per un consulente, è fare analisi e presentazioni di valore per i clienti. Scrivi queste attività nel Canvas, possibilmente indicando se le svolgerai internamente o se in parte saranno affidate a partner. Questo blocco ti aiuta anche a evidenziare dove concentrare le tue energie e competenze principali.
Partner chiave: A questo punto, considera cosa non fai da solo. Identifica i partner esterni strategici. Possono essere fornitori importanti, distributori, collaborazioni, o alleanze. Chiediti: da chi dipendiamo per ottenere risorse chiave o svolgere attività chiave? Chi ci aiuta a raggiungere i clienti (partner di canale)? Quali partnership ci permettono di focalizzarci sul nostro core business delegando il resto? Quando compili, specifica il nome o tipo di partner e il ruolo che ha. Ad esempio: “Partner: Azienda XYZ – fornitore esclusivo di componente X” oppure “Influencer marketing partnership – blogger di settore che promuove il nostro prodotto”. Attenzione a non confondere i clienti con i partner: ad esempio, in un modello marketplace (tipo Airbnb) i fornitori di alloggi sono segmenti di clientela (host) tanto quanto i viaggiatori, non partner. I partner sono entità con cui collabori per servire i tuoi clienti. Valuta anche possibili alleanze per rafforzare la proposta (es. co-marketing, co-sviluppo). Suggerimento: se il tuo modello dipende molto da un partner esterno, assicurati di evidenziarlo: partnership critiche vanno gestite attentamente perché rappresentano anche un rischio (ecco perché molti cercano più fornitori per la stessa risorsa critica, per esempio).
Struttura dei costi: Infine, completa il Canvas identificando le principali categorie di costi. Ripercorri mentalmente tutti i blocchi precedenti e chiediti: quali costi comporta ciascuno? Le risorse chiave comportano costi (es. costo del personale, ammortamento macchinari, licenze software)? Le attività chiave generano costi operativi (es. spese di produzione, marketing, ricerca, distribuzione)? I partner chiave hanno costi associati (es. fee, contratti, acquisto materie prime)? Elenca i costi fissi più rilevanti (affitti, stipendi, infrastruttura, sviluppo iniziale, etc.) e i costi variabili (costi per unità di prodotto, commissioni, materie prime per unità, etc.). È utile anche indicare quali sono i costi più elevati in assoluto – ad esempio “il costo maggiore è la produzione X” oppure “il personale rappresenta 50% dei costi totali”. Questo aiuta a capire su quali voci di spesa è più importante intervenire per migliorare la marginalità. Una volta completato, avrai un’idea chiara del break-even: quanto devi fatturare almeno per coprire questi costi? Anche se il Canvas non richiede calcoli finanziari dettagliati, queste riflessioni sono un ponte verso l’analisi economico-finanziaria. Check finale: confronta i flussi di ricavo (Step 5) con la struttura di costi (Step 9) per assicurarti che – in prospettiva – il modello abbia potenziale di profitto. In caso contrario, dovrai rivedere alcuni elementi (es. alzare prezzi, ridurre costi, trovare economie di scala, ecc.).
Seguendo questi 9 passi, avrai compilato ogni sezione del Business Model Canvas in modo coerente e logico. Ricorda che il Canvas è pensato per essere uno strumento dinamico: una volta completato, riesaminalo nel suo insieme. Tutti i blocchi raccontano una storia unitaria? C’è coerenza? Ad esempio, hai definito un segmento disposto a pagare premium ma poi i canali scelti sono low-cost e mass market – c’è forse un’incongruenza. Oppure proponi un servizio innovativo ma ti affidi a partner tradizionali poco flessibili – quel partner potrebbe diventare un collo di bottiglia. Usa il Canvas per individuare queste incoerenze e apporta correzioni. Non avere paura di spostare post-it, eliminarne alcuni o aggiungerne di nuovi: il vantaggio del Canvas è proprio la flessibilità nell’iterazione.
Un altro consiglio pratico: condividi il Canvas con colleghi, soci o mentor e chiedi un parere. Spesso uno sguardo esterno individua punti ciechi (ad esempio un segmento di cliente trascurato, un costo non considerato, ecc.). Aggiorna il Canvas man mano che il tuo modello di business evolve o si raffina – è normale fare diverse versioni prima di arrivare a quella definitiva. Alcune aziende appendono il Canvas in ufficio per tenere sempre presente la strategia aziendale e comunicarla a tutti in team.
Fonti principali sul Business Model Canvas e teorie correlate
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Osterwalder, A., Pigneur, Y., Bernarda, G., Smith, A., & Papadakos, T. (2014). Value Proposition Design: How to Create Products and Services Customers Want. Hoboken, NJ: Wiley.
Chesbrough, H. W. (2006). Open Business Models: How to Thrive in the New Innovation Landscape. Boston, MA: Harvard Business School Press.
Teece, D. J. (2010). Business Models, Business Strategy and Innovation. Long Range Planning, 43(2–3), 172–194. https://doi.org/10.1016/j.lrp.2009.07.003
Johnson, M. W., Christensen, C. M., & Kagermann, H. (2008). Reinventing Your Business Model. Harvard Business Review, 86(12), 50–59.
Zott, C., Amit, R., & Massa, L. (2011). The Business Model: Recent Developments and Future Research. Journal of Management, 37(4), 1019–1042. https://doi.org/10.1177/0149206311406265
Baden-Fuller, C., & Morgan, M. S. (2010). Business Models as Models. Long Range Planning, 43(2–3), 156–171. https://doi.org/10.1016/j.lrp.2010.02.005
Fonti metodologiche e di analisi strategica
Porter, M. E. (1985). Competitive Advantage: Creating and Sustaining Superior Performance. New York: Free Press.
Magretta, J. (2002). Why Business Models Matter. Harvard Business Review, 80(5), 86–92.
Kaplan, R. S., & Norton, D. P. (1996). The Balanced Scorecard: Translating Strategy into Action. Boston, MA: Harvard Business School Press.
Blank, S. (2013). The Startup Owner’s Manual: The Step-by-Step Guide for Building a Great Company. Pescadero, CA: K&S Ranch.
Fonti su modelli visuali, lean e design thinking
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Liedtka, J., & Ogilvie, T. (2011). Designing for Growth: A Design Thinking Tool Kit for Managers. New York: Columbia Business School Publishing.
Maurya, A. (2012). Running Lean: Iterate from Plan A to a Plan That Works. Sebastopol, CA: O’Reilly Media.
Fonti per i casi ed esempi pratici
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PwC. (2018). 2018 Global Digital IQ Survey: The No-Excuses Era. https://www.pwc.com
Harvard Business Publishing. (varie date). Case Studies on Business Models and Startups. https://hbsp.harvard.edu/cases/
Fonti complementari per PMI, freelance e coaching
Coda, V. (2002). L’impresa come sistema. Economia e direzione d’impresa. Torino: UTET.
Gagliardi, F., & Colli, A. (2013). Business Model Innovation in Italian SMEs: The Role of Networks and Entrepreneurial Orientation. International Journal of Entrepreneurship and Innovation, 14(2), 101–111.
Colombo, M. G., & Grilli, L. (2005). Founders’ human capital and the growth of new technology-based firms: A competence-based view. Research Policy, 34(6), 795–816.
Ghezzi, A. (2013). Revisiting Business Strategy Under Discontinuous Change: Insights from the Italian Mobile TV Industry. Long Range Planning, 46(6), 439–463. https://doi.org/10.1016/j.lrp.2013.08.001
Shane, S. (2003). A General Theory of Entrepreneurship: The Individual-Opportunity Nexus. Cheltenham: Edward Elgar.
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L’autore del blog
L’autore del blog, Career & Business Coach Nicolò A. Piave, Ph.D.